Carlo Zinelli è un pittore veronese, esponente italiano dell’Art Brut, che ha una vicenda umana davvero incredibile.
Nato nel 1916 a San Giovanni Lupatoto, negli anni della guerra inizia a manifestare i primi problemi di salute mentale che lo portano, dopo la fine del conflitto mondiale, a venire rinchiuso nel manicomio di S. Giacomo Alla Tomba.
Dopo anni bui di isolamento, la svolta artistica arriva nel momento in cui, alla fine degli anni Cinquanta, viene ammesso in un atelier di pittura organizzato all’interno del centro psichiatrico.
La particolarità di Zinelli è che si rivela essere un talento creativo senza essere mai entrato in relazione con l’arte e la produzione artistica prima di allora e senza aver mai frequentato scuole di pittura o accademie d’arte.
All’interno del manicomio la capacità creativa di Zinelli gode della libertà di non dover dipendere da committenti, dal mercato e da qualsivoglia condizionamento della società. La follia è la linfa vitale della sua arte.
Come scrive Sergio Marinelli all’interno del catalogo generale dell’artista, per Zinelli “dipingere doveva essere il modo di dare forma e concretezza a una visione, un sogno, un momento di vita, così evanescenti ed effimeri da non resistere neppure nella contemplazione successiva”.
Le opere dell’artista sono ambigue ed è per noi impossibile poter arrivare a decifrare in maniera definitiva quanto è stato da lui rappresentato, nonostante alcune costanti come la presenza di elementi che riecheggiano il periodo bellico. Infatti, Zinelli non ha mai parlato della sua arte e, per questo, qualsiasi ipotesi sulle sue intenzioni artistiche rimane priva di conferma. Proprio questa impossibile decodificazione mantiene costante il fascino e l’interesse nei confronti della sua produzione.