Pietro Piffetti è stato un ebanista italiano. Pietro Piffetti nasce a Torino il 17 agosto del 1701. Non si hanno notizie certe circa la sua formazione giovanile. Risale al 1727 una mazzarina che riporta sul piano la firma del maestro. Anche se la paternità dell’opera è attribuita a Ludovico De Rossi, artista che si ritiene essere uno dei suoi primi maestri. Altre fonti, ravvisano come maestro del Piffetti anche anche Luigi Prinotto, ebanista esponente dello stile Luigi XV piemontese. Nel 1730 è documentata la sua presenza a Roma, sostenuto da Prinotto e dall’architetto Filippo Juvarra, dove conosce il lavoro di alcuni artisti francesi, tra cui anche il maestro ebanista Pierre Daneau, originario di una importante famiglia di ebanisti francesi.
Roma è importante per lo sviluppo della sua arte, per la grande quantità di stimoli con i quali si interfaccia. Tornato a Torino diventa ben presto un maestro ebanista acclamato ed apprezzato. Grazie alla sua abilità, nel 1731, appena trentenne, viene nominato primo ebanista di corte dal re Carlo Emanuele III, sovrano del Regno di Sardegna. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1777, avrà un ruolo di primo piano nell’ebanistica sabauda dell’epoca.
Le opere di Piffetti sono una chiara manifestazione dello stile Rococò di matrice italiana. Il Rococò è uno stile ornamentale che nacque in Francia nella prima metà del Settecento, evolvendosi a partire dal tardo barocco. L’origine del termine è francese rocaille, tipologia di decorazione che veniva eseguita con pietre, conchiglie e rocce che andava a ornare grotte e padiglioni presenti all’interno di sfarzosi giardini.
Lo stile Rococò si diffonde presto in altre nazioni, tra cui anche in Italia. Ciò che caratterizza questo stile è l’eleganza delle forme, la magnificenza, la sontuosità e la ricchezza. Ma è uno stile anche più leggiadro e arioso rispetto al barocco. Le testimonianze rococò che meglio riescono ad incarnare questo stile sono gli interni di regge e palazzi che vengono decorati da ornamenti ad affresco e stucchi, specchi, lampadari e oggetti di arredamento sapientemente progettati e rifiniti in ogni dettaglio.
Per quanto riguarda Piffetti, il maestro ebanista progetta con grande cura e precisione i suoi mobili, andando a definire ogni più minimo dettaglio. Solitamente per ogni suo mobile selezionava un gruppo di incisioni, che poi andava a reinventare e assemblare secondo il suo intento decorativo o in alcuni casi politico-morali. In alcune delle sue prime opere, ad esempio, Pietro Piffetti andò a rielaborare la tradizione seicentesca della tarsia lignea floreale di derivazione fiamminga che va a impreziosire il piano delle sue consolle. In altre troviamo illustrazioni di mestieri e allegorie religiose, oppure decorazioni geometriche e nature morte. Il risultato del suo lavoro con capolavori dall’impatto visivo strabiliante.
Piffetti realizza progetti di rilievo, crea per la Corte i grandi mobili d’apparato come cassettoni, decorati con tarsie in legni preziosi, a cui si aggiungono una varietà di materiali come avorio e madreperla e specchiature in tartaruga.
Attento anche alla cultura a lui contemporanea, crea dei mobili in cui diverse influenze si vanno a mescolare in maniera armonica. La ricchezza delle sue opere è sia compositiva che riguardante i materiali.
La tecnica costruttiva di Pifferi si basa sulla lastronatura, che nell’applicazione di legni e materiali preziosi spessi pochi millimetri su un fusto in legno massiccio.
I suoi mobili seguono spesso linee sinuose, mistilinee con riccioli e volute. I piani presentano fitti intarsi, tanto da riempire completamente la superficie.
Uno dei capolavori emblematici della sua opera è il doppio corpo – cassettone a ribalta con scansia – conservato presso il Palazzo del Quirinale.
Tra la sua vasta produzione è possibile riscontrare anche la presenza di mobili destinati a scopi religiosi, tra cui tabernacoli. Nonostante la diversa finalità anche queste opere seguono lo stesso stile dei mobili laici. Presso Palazzo Madama, a Torino, è presenta anche un Planetario attribuito a Piffetti. Questo è un modello meccanico, realizzo in legno e avorio intorno al 1740-1750, che va a riprodurre la configurazione del sistema solare, così come era conosciuto all’epoca del maestro ebanista, è cioè con i pianeti fino a Saturno.
Attualmente, alcune capolavori di Pifferi sono conservati presso il prestigioso Victoria and Albert Museum di Londra.
Pietro Piffetti muore a Torino il 20 maggio del 1777
Immagine: Commode con intarsi in legni rari, decorata in avorio inciso e ornamenti in
bronzo dorato. Verso 1730-1740
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